La questione della memoria e dell’uso politico della Storia nell’Argentina di oggi
Molto volentieri ospitiamo questo contributo di Angelo Zaccaria, militante politico e profondo conoscitore del contesto latinoamericano, in particolare quelli venezuelano e argentino. Per meglio comprendere il tema della lotta politica attuale e dell’uso politico della Storia.
Lo scontro sulla questione della memoria storica e dell’uso politico di essa, vive nell’Argentina di oggi una attualità più bruciante che altrove.
I motivi sono essenzialmente due. Partiamo dal primo.
Il tema della campagna per “Verità, giustizia e castigo”, in riferimento alla brutale repressione negli anni della dittatura installatasi dal marzo 1976, rappresenta una delle grandi fratture politiche e culturali che attraversano il paese. L’attuale presidente Macri sin dagli esordi si distinse per mettere in dubbio il numero reale dei desaparecidos e per gli attacchi agli organismi storici che si battono per i diritti umani. La successiva azione del suo governo si è qualificata sempre di più come espressione di una sorta di “partito occulto del colpo di spugna” a vantaggio di tutti i responsabili, civili e militari, del terrorismo di Stato degli anni ’70 ed ’80. La lista dei fatti che lo attestano è lunga:
- tentativo di riduzione delle pene per i repressori attraverso il dispositivo del “Due per Uno”;
- rallentamento e insabbiamento dei processi;
- concessione degli arresti domiciliari ai condannati;
- taglio di finanziamenti e fine dell’appoggio governativo per il mantenimento di siti della memoria, musei tematici etc.;
- costante delegittimazione ed attacco agli organismi che da oltre 40 anni si battono per verità e giustizia.
Il secondo motivo è forse persino più importante del primo, e consiste nel diretto ed esplicito tentativo di manipolare il tema della memoria storica al fine di legittimare le politiche antipopolari e repressive della Argentina dei giorni nostri.
Esiste a riguardo un episodio assolutamente illuminante. Nei giorni del 14 e soprattutto del 18 Dicembre 2017, a Buenos Aires di fronte al Congreso, mentre si approvava il feroce taglio delle pensioni, si verificarono i più violenti e massicci eventi di repressione di piazza in città dal Giugno del 2002, i giorni dell’assassinio dei due piqueteros Dario Santillan e Maximilian Kosteki. Il saldo del 18 Dicembre è di molti arresti e feriti, fra i quali sei persone che persero un occhio a causa dei proiettili di gomma. Ebbene, sull’onda delle polemiche scatenate dalla violenta repressione di quasi un anno fa, la ministra della sicurezza Patricia Bullrich si esibisce in una esternazione di quelle da incorniciare: la signora Bullrich afferma con candore che lo Stato in Argentina, onde poter esercitare pienamente la sua giusta e sana potestà nel campo della repressione di piazza, deve affrontare e superare “un problema culturale” presente nel paese, e che deriva dagli anni della dittatura.
Quale modo migliore, di quello scelto dalla signora Bullrich, per dichiarare il nesso assoluto e diretto fra dibattito storico e sua distorsione per farne un’arma appuntita da usare nello scontro politico odierno?
La ragione di tutto questo non può che essere una sola. L’Argentina di oggi, anche se in modi molto diversi, come quella degli anni che precedettero la dittatura, è un paese segnato dalle tante ingiustizie e violenze del potere, ma è anche un paese estremamente conflittuale e polarizzato, segnato da livelli alti e diffusi di organizzazione dal basso e di lotta politica, sociale e sindacale. Un paese con inflazione al 50% e aumento di precarietà e povertà, dove un governo sempre più delegittimato e alla vigilia di un importante anno elettorale, si prepara a far fronte alla crisi alternando l’uso di una sempre più magra carota, a quello di un sempre più nodoso e pesante bastone.
In questo quadro anche lo scontro sulla memoria e sulla storia recente del paese, rivela la sua importanza e ne fa uno dei tanti campi di battaglia politica, sociale e culturale che oggi connotano il paese australe, paese che, giova ricordarlo, per i livelli di violenza assassina messi in campo dal potere nel corso del ciclo storico delle dittature, nella regione latinoamericana ispanofona viene superato solo da Colombia e Guatemala.
Un’ultima constatazione che conferma la assoluta rilevanza dei temi in oggetto nel caso Argentino, e che rende più completo il quadro sopra descritto. In Argentina gli organismi storici per i diritti umani e la battaglia sulla memoria, ed in particolare Madres y Abuelas di Plaza de Mayo, godono di una autorevolezza e di una capacità di unire e ricomporre tutte le anime e correnti dei movimenti politici popolari e di base del paese, che non ha uguali. Una capacità tale che fa si che questi organismi, con la sola forza della loro parola, siano in grado di convocare mobilitazioni enormi nell’arco di 48 ore, come è accaduto di recente sul caso del “Due per Uno” (sconti di pena per i repressori condannati), sulla scomparsa di Santiago Maldonado o sul progetto governativo di tornare ad impiegare le forze armate in compiti di sicurezza interna.
Milano 20 Novembre 2018 Angelo Zaccaria