A cosa serve questa storia?

Lo storico della cultura Henry Louis Gates ha scritto: Le persone capiscono sé stesse e il mondo attraverso narrazioni – racconti trasmessi da insegnanti, giornalisti, ‘autorità’ e altri produttori di senso comune. E usano contro-narrazioni per contestare quella realtà dominante e i presupposti su cui si regge.[1]
In questi tempi di rigurgiti reazionari che impongono, anche e soprattutto a chi lavora con la Storia, di prendere parola pubblica, in cui il neo ministro degli Interni, Matteo Salvini, dichiara guerra a profughi e rifugiati, riteniamo che questa storia potesse servire proprio in tal senso.

Lucy, “Mecha”, “Mono”, David sono quattro esponenti di almeno tre generazioni e oltre 1 milioni di cileni che hanno conosciuto l’esilio politico e la condizione di rifugiati.
Loro, che hanno dovuto abbandonare il proprio paese, le famiglie, gli studi e il lavoro, per ripartire da zero in un paese che sì li ha accolti (come oggi non farebbe mai), ma dove la fatica (materiale e psicologica) dell’esilio l’hanno pagata con il proprio sudore.

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Rifugio umanitario per la famiglia Brzovic-Palma in Francia

Il caso Brzovic-Palma è uno dei più controversi del Cile del dopo-giunta e della transizione. Entrambi militanti del Frente Patriotico Manuel Rodriguez (FPMR) dagli anni Ottanta, fanno parte della generazione di giovani cresciuta sotto la dittatura militare e che ha partecipato ai movimenti di opposizione sociale ai militari, prima, e alla resistenza armata dopo. La maggioranza dei combattenti non ha potuto godere in democrazia di nessuna amnistia. Come tutti i paesi che hanno vissuto una transizione alla democrazia realizzata all’interno della cornice giuridico-istituzionale della dittatura, anche il Cile ha conosciuto un’inevitabile lotta residuale di resistenza contro le impunità.

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